Oggi ho letto una dichiarazione dell'attore Keanu Reeves, che ha la mia stessa età. Ma non è per questo che ho letto la sua dichiarazione. Ciò che catturato la mia curiosità è che lui, alla sua (e mia) età dice di pensare continuamente alla morte. Come se cinquantanove anni fosse il traguardo definitivo della vita, dalla quale non potersi aspettare altro che la fine. Ma anche io penso spesso alla morte. Spesso però, non continuamente. Da quel che ho inteso, la condizione di Reeves dipende dai diversi lutti familiari che ha già dovuto sopportare. Condizione per cui un soggetto può restare in effetti condizionato dall'idea che sia la morte il fulcro dell'esistenza, prescindendo da ciò che quest'ultima offra in alternativa. Come se la vita fosse soltanto una linea che unisce nascita e morte, ignorando tutto ciò che sta nel mezzo, tutto ciò che questa linea rappresenta, o contenga. Non importa che invece la vita sia un passaggio, un percorso, un cammino, molto intenso, in termini emozionali e più o meno lungo in termini temporali. I motivi per cui io ci penso spesso sono invece diversi. Ci penso, con una punta di superbia, immaginando una chiesa strapiena al mio funerale, in un giorno di pioggia, il feretro accompagnato dalle note struggenti di Mull of Kintyre, suonata dalla cornamusa di un tipo rigorosamente in kilt. Ci penso, con una filo di tristezza, immaginando il rimpianto di chi mi ha perso. Ci penso, con un che di ansioso, all'idea che chi resta non riesca a recuperare tutti i dati personali dal mio smartphone, per gestire le cose di casa. Ci penso, con un accenno di terrore, figurandomi fini tra le più atroci, piuttosto che una soave dipartita nel sonno. Ci penso, perchè -credo- sia normale pensarci, ogni tanto. L'importante è non farla diventare un'ossessione. E' un pensiero che può essere chiuso nel cassetto delle cose inutili, che come tali non è necessario tenere sotto chiave. Quel cassetto che deve essere aperto nel momento in cui si realizza che pensare alla morte è inutile come desiderare di essere più ricco, o più bello, o più intelligente. E quindi richiuderlo, quel cassetto, sorridendo alla vita ed a tutto quello che, nel bene o nel male, ci riserva.
TU CHIAMALE, SE VUOI…. Suggestione e cordoglio. Commozione e trasporto. Sensazioni che si rincorrono. La magia che si ripete. Ho ascoltato la storia del grande Bach che volle imparare l’armonia italiana da Vivaldi. Ho assaporato la passione di Giuseppe -che era Peppiniello e che ora è un professionista- per il cantautorato italiano, capace di coinvolgere anche uno meno avvezzo come me. Allora si consolida la consapevolezza di come l’Italia sia veramente quella culla di culture che va oltre il luogo comune, culture che spaziano nei secoli e nei generi, lasciando che chiunque in giro per il mondo ne assapori a proprio piacimento. In questi ultimi giorni, il nostro centro del mondo è stato il villaggio semi sconosciuto adagiato su una collinetta dauna, dove melodie barocche e pop rock si sono fuse idealmente, alternandosi nei momenti topici della settimana più calda dell’anno. In tutti i sensi. Una ricchezza offerta gratuitamente, ove l’impegno infaticabile ed ammirevole dei pochi ha riem...
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