FACCIO UN SALTO IN CIELO E TORNO
Armand Duplantis, "chi era costui ?" Mi imbatto casualmente in questo svedesone dalle chiare origini quantomeno francofone, mai visto né sentito prima. Gagliardo nel suo completino da gara gialloblù, chioma al vento da vichingo classico e sguardo risoluto da giovanotto caparbio. E' colui che ieri ha vinto la medaglia d'oro per il salto con l'asta alle Olimpiadi di Parigi. Ma ciò cui assisto adesso và oltre. Lui è rimasto in pedana, anche dopo aver vinto, perché vuole andare avanti. E siccome la gara è terminata -e lui l'ha già vinta-, la cosa ha il sentore di esser grossa. Le intenzioni appaiono piuttosto serie, c'è convinzione, è deciso. O almeno tutto così sembra. L'argento ed il bronzo della gara, un americano ed un greco, i suoi avversari, sono rimasti lì pure loro, a fargli compagnia. E, si scoprirà di lì a breve, anche a fare il tifo per lui. Gli fanno compagnia pure i circa ottantamila spettatori presenti sugli spalti dello Stade de France, splendido teatro delle gare di atletica leggera di questa edizione dei giochi iridati. Già, perchè le gare della giornata sarebbero finite e invece nessuno và via. Quello svedesone che si è messo in testa che la medaglia non gli basta, li tiene tutti incollati ai propri seggiolini. Egli percepisce dentro di sé quel qualcosa che attanaglia tutti quando si ha la sensazione di aver lasciato il lavoro a metà e di non riuscire a quietare se non si finisce. La gara è vinta alla impressionante altezza di sei metri, già cinque centimetri oltre il secondo classificato. Però lui non si accontenta e quel qualcosa che gli ronza dentro lo porta a tentare la misura eccezionale di 6,25. Perchè, oltre all'oro, si beccherebbe pure il record mondiale e olimpico. Mica cotiche... Quando si prepara al salto, tutti gli ottantamila sugli spalti, più quei due accanto a lui, si mettono a cadenzare il tempo con le mani. E' l'emozione dei grandi eventi. Armand parte, la sua corsa è fluida tanto da sembrare ovattata. La punta dell'asta lo precede fendendo l'aria, da lui sorretta all'altro capo apparentemente senza il minimo sforzo. Giunto in fondo alla pedana, Armand conficca l'asta nella buca, l'asta si flette e come una molla trasmette al corpo di Armand quella elasticità necessaria per cominciare a volare. Un decollo verticale, repentino, la rotazione dell'asse, la testa sotto ed i piedi all'insù, le gambe che passano sopra l'ostacolo, quella linea lassù in cielo, le mani che lasciano l'asta, il busto che si piega all'indietro. E' passato ! L'ostacolo non si è mosso, ce l'ha fatta ! E io che faccio ? Ipnotizzato davanti allo schermo come capita solo al decisivo dei calci di rigore, esulto come se avesse segnato il Genoa. Alzo i pugni al cielo, con lacrimuccia annessa e gioisco per un risultato del quale non mi importa nulla, ma che importa tantissimo per ciò che rappresenta. Perché quel risultato e chi l’ha realizzato sono stati in grado di trasmettere emozione anche senza che nessuno la chiedesse, anche a coloro che non facevano già il tifo per lui, anche a chi è di solito refrattario a certe manifestazioni. Trasmettere emozione è per pochi, riceverla è per tutti, o almeno per chi lo vuole. Ed io me la sono presa tutta. Il ragazzo ha pure un soprannome, curiosamente italiano, "Mondo"; io non conosco ancora il motivo, sicuramente un significato lo avrà, ma nessun altro nomignolo gli risulterebbe più appropriato, almeno in questo momento. Per come il suo significato intrinseco meglio non poteva sposare la straordinarietà dell'evento. Per quello che ha rappresentato in quel momento, quando questo ragazzo ha stupito il mondo, sicuramente quello sportivo, facendolo esultare in maniera del tutto disinteressata, ma in unico grande applauso. Solo per avergli fatto assistere ad un'impresa atletica unica, che come tale non può non trasmettere l'intensità del momento, che solo pochi altri eventi causano nelle singole vite di ciascun spettatore. Non solo a chi ha avuto la fortuna di essere lì presente, ma anche a coloro che, a casa, di fronte alla tv, hanno potuto godere di un momento di gioia condivisa, in grado di riunire, in una fraternità omogenea, seppur per pochi ma lunghi attimi, una umanità purtroppo sempre più distaccata da sé stessa.
Mi hai reso leggibile, dopo decenni, un articolo sportivo, Pier! Grazie.
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