IL LEGAME CHE NON CROLLA
La prima cosa che mi viene in mente ripensando al crollo del ponte, di cui oggi ricorre il sesto anniversario, è l’amore e l’attaccamento che provo per i miei figli. Mi gela il sangue all’idea che in quel momento potessero esserci anche loro, a transitare su quel ponte. E allora è più che comprensibile condividere lo strazio che, da sei anni, le famiglie delle quarantatré vittime stanno costantemente vivendo. Al punto che, per come la vedo io, se e quando coloro che verranno riconosciuti responsabili verranno anche condannati, non sarà che un palliativo per chi ha sofferto un dolore atroce e continuerà a soffrirlo sempre. Non è solo una questione di fare e ottenere giustizia. Per quanto ciò potrà essere determinante per mettere la parola fine alla storia, per quelle famiglie non vi sarà mai una fine. Quelle sono cicatrici che non si rimargineranno mai. Non posso dirlo io che non sono coinvolto, ma posso immaginarlo, guardando i miei figli ora, cosa che quelle famiglie non possono più fare coi loro. Proprio oggi, il giorno dell’anniversario della tragedia, sono tornato nello stesso luogo dove mi trovavo sei anni fa e ci sono finito esattamente alla stessa ora. Tutto senza volerlo. Talvolta il caso è davvero beffardo, ma forse anch’egli senza volerlo. Ho provato un senso di scoramento, nel pensare che, in quello stesso momento, in quello stesso luogo, sei anni prima, venivo a conoscenza dell’accaduto, praticamente in diretta, di un evento sconvolgente. Senza poter essere consapevole che, a distanza di anni, c’è ancora chi ne sta soffrendo realmente, di un dolore che nasce dall’assurdo e continuerà a farlo, suo malgrado. Lasciatemi correre dai miei figli allora, a stringere forte le loro esistenze nei miei abbracci, perché possa godere del piacere dei legami del cuore, quelli che non crollano e farlo un po’ anche per chi non può più vivere questa gioia.
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