L’ETERNO DILEMMA 


Essere o apparire. È l’eterno dilemma che mi tormenta più di quanto io riesca a sopportare. È una specie di disturbo ossessivo. Il desiderio di essere semplicemente una persona qualsiasi è spesso assillato dal demone insistente dell’apparenza. È una specie di necessità, come quella di respirare. Peraltro, io non sono nemmeno un esperto di questo tipo di atteggiamento, se confrontato con chi di esso fa la sua arma primaria nel contesto sociale nel quale siamo chiamati a dimensionarci. Mi conforta infatti appurare che tale necessità non è solo mia. Sono circondato da situazioni ed occasioni in cui vince la volontà, l’esigenza, l’obbligo di dover fare cose che devono essere fatte. Accantonando la capacità, disconoscendo il coraggio, ignorando il buon senso di porsi concretamente la domanda che dovrebbe essere imprescindibile: ma davvero voglio o devo farlo? A che pro? Per chi? Perché? È allora si fa, si appare, perché è molto più sbrigativo e semplice farlo che affrontare senza scampo le insicurezze scatenate dal deviare dal canovaccio. Eppure quanto sarebbe salutare essere sempre e solo sé stessi. È solo così che si dimostra a chi sta di fronte chi si è veramente. Come posso essere sicuro di che tipo di persona sia quella che ho davanti se si comporta esattamente come tutte le altre, perché è la società che lo impone? La società con le sue regole scritte da una mano avulsa dalla capacità di essere sincera e trasparente, vera e coraggiosa, onesta e unica. Ognuno potrebbe essere come una diamante o come un fiocco di neve, individuo singolo, senza pari, esclusivo, distinguendosi realmente per ciò che è, diversamente da chi si compiace della propria personalità artefatta per apparire. Come se la necessità fosse quella di farsi notare sempre sulla rotta giusta e -guai!- mai una virgola fuori posto. Incontrarsi tra persone uniche sarebbe come entrare in una casa alla quale non si vuole male, perché a chi vuole male, ad una casa, dovrebbe essere impedito di entrarci. La mia lotta personale che intraprendo ogni qual volta mi scopro vittima del demone dell’apparenza mi da lo stimolo per reagire. Ancora non riesco sempre e farcela, ma finché mi renderò conto che devo continuare a provarci e sono qui a confessarlo, significa che forse morirò in pace e non inconsapevolmente condizionato dall’esser certo che tutti mi piangano. 

Commenti

  1. La vera domanda è: a cosa vuoi appartenere?
    Da cosa preferisci non staccarti pur di avere un ruolo?
    E se staccandoti incontrassi proprio te stesso?

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