“METTITI COI MEGLIO DI TE E FANNE SPESA”


Questo è un vecchio detto del paese, che ho sentito per la prima volta solo quest’anno e che ovviamente rende meglio se espresso in dialetto. Il paese che anche quest’anno è stato teatro di avvenimenti, episodi, momenti, ognuno dei quali ha sortito in me un effetto strettamente personale. 

I centrini, incastonati nelle vie come diamanti su una parure. 

Una manovra di ortopedia d’urgenza eseguita con successo a mani nude, da uno specialista in vacanza.

Due anziane amiche dirimpettaie, costrette dall’età avanzata e dal sopravvenuto immobilismo a salutarsi a distanza, con l’emozione che una tale prova di affetto senza tempo provoca, in chi ne è protagonista, ma forse più in chi assiste. 

Le cene in piazza, capaci di richiamare centinaia di persone ogni sera, grazie ad una passione, che è più di un lavoro, di un gruppo di volontari non più giovanissimi, ma che vanno avanti perché è bello farlo. 

Scuola di canto e di scrittura, due incontri offerti da due ragazzi che vengono dal Regno Unito e che vogliono ricambiare con le loro arti il fascino magico del paese che li ha ammaliati. 

Le pannocchie bollite, che nella loro semplicità tradizionale sono buonissime. 

L’immancabile ed irriducibile complottista, che, tra un discorso e l’altro, ancora non si stanca di cercare di convincermi che il Covid non è mai esistito. 

La musica da camera per le vie del paese, un’altra magia riscoperta, un dono prezioso ed inestimabile, ancor più per la bellezza ed il fascino di note melodiose, delle quali altrimenti non si potrebbe godere. 

Il cinema e la musica, una interessante lezione di come la musica sia legata al cinema e viceversa, argomento particolarmente attrattivo per me. 

Le suore del santuario, loro, che vengono dall’Africa centrale e fare le missionarie qui da noi. 

Il pianoforte dietro la cattedrale, nel teatro che c’è sempre stato e nessuno lo sapeva. 

La cattedrale, silente e presente. 

La banda musicale, antica seduzione popolare che affascina e coinvolge tutt’oggi. 

Carolina, la bacchetta con la quale il maestro Libero educava gli alunni, quando ancora non era reato, anzi. 

L’inno di Mameli, tutti in piedi, da italiani orgogliosi, tutti insieme. 

Orienteering, un gioco sport divertente. 

La commozione di due cugine che si incontrano dopo anni, che emoziona chi assiste tanto quanto le due anziane che si salutavano a distanza. 

La consueta cena a quattro, nell’intimo di casa propria, raccontandosi la giornata, le voci, le sensazioni. 

Quando sarò tornato a vivere la routine di tutti i giorni, pensando ormai più a quelli che mancano a rescindere il vincolo professionale che tiene ancorata in rada la mia vita, in quei momenti avrò bisogno di tirar fuori dal cassetto dei ricordi uno o più di quei momenti, pregustando il tornare a viverli per farli durare se posso un poco di più, ogni volta. 

Commenti

  1. Un paese del cuore, che riconcilia il cuore. Solo chi lo sperimenta lo può sapere. ❤️

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