INCONGRUENZE

"La vita è bella perchè è varia..." cantavano I Gatti di Vicolo Miracoli tantissimi anni fà. Chi se lo ricorda ? Era vero allora e lo è tutt'oggi. Oggi che di incongruenze, nel comportamento della gente, ne noto parecchie....

Giorni fa ero in viaggio in autostrada.  Mi fermo ad un autogrill per un caffè, faccio lo scontrino, mi avvicino al banco, che in quel momento era irraggiungibile a causa della folla che lo occupava in tutta la sua lunghezza. Tento di appropinquarmi ulteriormente, esibendo lo scontrino saldo nella mano, verso i vari astanti, che consumavano con una flemma da Grand Hotel, nonostante il sovraffollamento tipico dell'autogrill nel periodo dell'estate italiana. Quando occupare quello spazio a scapito di altri, tipo me, secondo la regola non scritta ma sacra del “c'ero prima io e faccio quel che mi pare”, è vissuto come il raggiungimento del grande obiettivo della vita. E così, infatti, niente, neanche una minima reazione alla mia presenza ed all'energico sventolio del lecito scontrino. Mi sposto più a sinistra, indugiando su una coppia dall'idioma anglosassone. La signora aveva appena posato sul bancone la tazza del cappuccino vuotata, discorrendo col tizio in sua compagnia, che la tazza l'aveva invece ancora piena di solo caffè (chissà quanto aveva ancora da guidare...!). La signora, acuta osservatrice evidentemente, mi nota e, tornando a rivolgersi al tizio, gli dice qualcosa tipo "ti aspetto fuori" (ma non nel senso minaccioso di cui facciamo uso noi). E si allontana, lasciandomi quindi il posto al bancone. Il mio sorriso spontaneo con cui la ringrazio è indotto più dalla sorpresa di essermi imbattuto in persone, non tanto educate, manco a dirlo, quanto pragmatiche e consapevoli di come si debba stare al mondo. A differenza di altre che proprio non ce la fanno. E finalmente posso ordinare anch’io. 

Quello dell'antagonismo dettato dal campanilismo, provinciale o patriottico che sia, è un uso particolarmente sentito da chi vive con passione ed attaccamento il senso di appartenenza alle sue origini, siano esse il rione in cui si è nati e cresciuti, piuttosto che la propria città, o più in grande appunto la patria. All’interno di queste medesime dimensioni, si crea negli abitanti un senso di partecipazione che va ben al di là del significato stesso del concetto. Per il semplice fatto di essere nati in luogo, si è destinati ad odiare -letteralmente- quelli nati in quell'altro, che per tradizioni storiche, sociali, o culturali rappresentano la controparte, l’avversario, addirittura il male. Anche senza saperne il perché, tanto non importa. Tralasciando le banali contrapposizioni che così facilmente si trovano nel tifo sportivo (ancorchè definire tifo l'aspetto in questione è quanto di più incongruente esista, specie dentro e fuori gli stadi di calcio), mi vengono subito in mente i contradaioli di Siena, ma anche l'astio atavico che caratterizza i rapporti tra livornesi e pisani (per qualche motivo, i toscani in particolare sentono molto questi contrasti), per non parlare di italiani e francesi, secondo lo stereoptipo del caso a noi più familiare. C’è un piccolo mistero però in grado di stravolgere completamente questa idea bislacca ed anche dannosa alla sopravvivenza del genere umano. Se colui che si odia viene frequentato, si scopre che possono nascere grandi amicizie. O anche dei figli. Da cui io penso che odiarsi per campanilismo sia solo un vizio di facciata per accrescere un orgoglio più che altro folkloristico, per quanto davvero ve ne sia bisogno. Ma che in realtà una unione tra due individui di opposte fazioni, siano essi due commilitoni al servizio militare, piuttosto che due giovani amanti che convolano a nozze, porti al dono bellissimo ed inatteso di un legame indissolubile. Che per natura dovrebbe essere ciò cui chiunque, tra gli appartenenti al genere umano, dovrebbe mirare.

Con l'assoluta libertà che la democrazia concede ad un qualunque cittadino del mondo occidentale, entro nel negozio dove, per accedervi in tempi di Covid, si faceva la coda e si doveva denunciare cosa si andava a comprare, a causa di ciò che con fatica e stridore di denti imparammo a conoscere come "accesso contingentato” (che talvolta io ancora oggi rimpiango). Poi, mi capita di sentire quella signora vantarsi che, durante quella triste esperienza che fu il lockdown, lei si faceva bellamente gli affari suoi, in barba alle sofferte regole imposte in quel regime di grave emergenza sanitaria, criticando coloro che invece restarono a casa, rincarando la dose con l'illuminante "vi siete fatti influenzare dalle restrizioni". Come se restare chiusi in casa per paura di contagiarsi ed al contempo per contribuire a quello che sembrava essere il solo modo per uscire dalla criticità (e che alla fine si rivelò tale, grazie a Dio), fosse un impagabile divertimento. Sapevo, all’epoca e so tuttora che profili del genere erano la “contronormalità” di quel periodo, ma averci avuto nuovamente a che fare, stavolta per via diretta ed anni dopo, mi ha rigettato in quello stato di disagio rivelatosi realmente insopportabileL'incongruenza qui sfocia nella ineducazione di non saper rispettare quella che fu comunque una sofferenza, per chi scelse di adottarla e che per fortuna fu la maggioranza. La quale peraltro fu quella che paradossalmente permise a quei menefreghisti stessi di farsi appunto gli affari propri, senza arrivare a comprendere che, se lo poterono fare, fu solo perchè coloro che ritenevano stupidi rimasero a casa.

In linea generale, il termine incongruenza si può anche attribuire ad una situazione in cui una regola viene disattesa, a prescindere dalla sua valenza più o meno legittima e funzionale. A mio modo di vedere, incongruente è tutto ciò che si discosta  da quello che, in un contesto di convivenza sociale, dovrebbe in primis guidare al rispetto per la dimensione altrui. Per quanto nessuno sarà mai in grado di stabilire se questo sia sempre stato e sempre sarà davvero la chiave di lettura più corretta.

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