RIDERE O PIANGERE?
Ci sono mille cose di cui poter parlare, anche senza dare giudizi o schierandosi. Però a volte capita che non se ne abbia voglia, o che per qualche motivo recondito venga a mancare la cosiddetta ispirazione, nello stesso modo in cui, senza un motivo, essa prima ci fosse. Basta una banalità qualsiasi per scatenare pensieri ed opinioni, ma non sempre si è sulla frequenza giusta per esternarli. Questo invece è un momento in cui io sono sulla frequenza giusta, dopo parecchio tempo in cui non la trovavo più. Passo davanti ad una tipa che parlando al telefono scoppia a ridere e penso che l’essere umano in realtà nasce piangendo. E che, crescendo, il pianto diventa espressione di pena e di tristezza, contrapposto al riso, quale manifestazione divertita, anche gioiosa, di cui l’essere umano diventa consapevole poco alla volta. Istintivo anche quello, ma dopo. Poi la tendenza si inverte. Immersi nel turbine della folla che tiene vivo il mondo, tra voci e rumori, spicca la risata che sgorga spontanea, per un motivo qualsiasi che induce quella reazione. Ma non ci si fa caso, perché la risata è ciò che normalmente ci si aspetta, a scapito delle difficoltà quotidiane, come antidoto al loro veleno. Passo vicino ad una che ride e per me è normale. Diverso è quando qualcuno piange. Se qualcuno piange in mezzo ad una strada, proprio come quelli che ridono, l’effetto è l’opposto. Scatta repentina la bramosia, la curiosità di capire cosa è successo, perché quella persona piange, se soffre, quanto soffre. Si è abituati alla risata, ma non ci si abituerà mai ad un pianto. Perché rifugge la serenità e tutto sommato, anche se è tutto un lamento, la gente vuole essere serena. Anche se la prima cosa che abbiamo fatto tutti è stata quella di piangere.
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