RACCONTO A PUNTATE (2)
Quando Antonio giunse al distributore, mancava un minuto alle 10 e Gian non c’era. Antonio inserì la moneta e selezionò la bevanda. Mentre aspettava che l’erogazione terminasse, si sentì dare una pacca sulla spalla e sbuffò alla maniera di Bud Spencer quando capiva che era arrivato il momento di menar le mani. Ma Antonio non aveva mai menato le mani in vita in sua e riconoscendo i modi gentile di Gian, lo salutò senza voltarsi. “Scusa ma devi scroccarti il caffè” gli disse Gian. “Pure!” ribatté Antonio “…e a cosa devo l’invito?”. Gian cominciò a raccontargli di una persona che viveva sola e che aveva bisogno di compagnia e che quindi aveva pensato di proporre ad Antonio di andare a trovarla, ogni tanto, perché magari tra persone sole ci si capisce meglio. Lì per lì Antonio sbuffò di nuovo, poi però, quasi immediatamente, senza dire nulla, rifletté tra sé che Gian non aveva torto e che incontrare una persona come lui, sola come lui, forse non gli avrebbe fatto male. Del resto, l’isolamento che si era scientemente imposto gli lasciava tutto il tempo libero che voleva e non si faceva problemi a sprecarne un po’ per fare nuove conoscenze, in un contesto a lui più congeniale. Nella speranza che quella persona non fosse in realtà come tutte le altre e gli desse invece ragione della sua scelta. Gian gli disse che la prima volta sarebbero andati insieme, perché gli faceva piacere presentare Antonio a questa persona. Si misero d’accordo per il sabato mattina successivo, presso il portone dove essa viveva. Antonio tornò al lavoro immerso in pensieri che si mescolavano, tra la curiosità di scoprire una nuova esperienza e quello che lui definiva lo scazzo di dover far fronte ad un nuovo impegno, di cui non sentiva la mancanza né la necessità, ma che forse -e si ribadì forse- rispettarlo, quella volta, gli avrebbe fatto bene. Arrivò quel sabato mattina ed Antonio incontrò Gian al posto stabilito. Gian aprì il portone con la chiave, il che svelò ad Antonio la confidenza che Gian aveva con quella persona che stava per conoscere. Salirono a piedi fino al primo piano, dopo che Antonio si accertò che fosse solo una la rampa di scale da fare, il suo limite dettato da una forma fisica compromessa da anni di pigrizia sedentaria e di scarsa attenzione all’alimentazione. Gian aprì la porta dell’appartamento, perché “ovviamente aveva la chiave anche di quella”, pensò Antonio traendo la conclusione più scontata. Entrando, Gian disse “Sono io” a voce alta ed una signora paffuta di mezza età andò loro incontro salutandoli cordialmente. “Antonio, ti presento Angela, la badante. Angela, questo è Antonio, l’amico di cui ti ho parlato”. “Piacere di conoscerla signor Antonio” l’accento di Angela tradì le sue origini dell’est europeo, “io ora esco per fare spesa, la signora è in salotto che ascolta musica, a più tardi”. Indossò il giaccone ed uscì. Nell’ambiente permeava un poco piacevole sentore di medicinali e canfora, che provocò una impercettibile smorfia di disgusto ad Antonio. Gian fece strada fino al salotto, dove un’anziana signora era accomodata su una sedia a dondolo, dalla quale si lasciava cullare, osservando il mondo attraverso la finestra chiusa, al ritmo di melodie d’archi diffuse da una vecchia radio, che Antonio poteva solo supporre fossero di qualche compositore classico dell’800, non essendo esperto di quel genere. “Buongiorno Maddalena, come sta oggi?” La donna ebbe un leggero sussulto e distolse lo sguardo dalla finestra per voltarlo su Gian, al quale destinò un sorriso dolce e sincero. “Oh caro Tommaso, che piacere vederti! Sei venuto a trovare la tua vecchia mamma!”. Gian si volse verso Antonio, che osservava la scena attentamente e poco impiegò a comprendere la situazione. “Maddalena è affetta da alzheimer ed oggi io sono suo figlio, Tommaso Bianchi, un capitano dell’esercito morto in Afghanistan l’anno scorso, in missione”. Gian spiegò ad Antonio la situazione, lui e Tommaso erano amici fraterni e siccome Tommaso era l’unico legame in vita di Maddalena, conscio dei rischi del mestiere che svolgeva, chiese a Gian di impegnarsi a curare la madre durante la sua assenza, nominandolo amministratore di sostegno e dandogli carta bianca su ogni decisione e su ogni spesa, potendo contare su risparmi di famiglia cospiqui, ai quali Gian fu delegato. Evidentemente la fiducia che Tommaso riponeva in Gian era davvero degna di una profonda e sincera amicizia. Antonio chiese allora a Gian come mai non si occupasse lui di tenere compagnia a Maddalena e Gian, distogliendo lo sguardo per dissimulare una leggera vergogna, rispose che lui non se la sentiva, che non aveva nessun problema a gestire la cosa a livello materiale, ma che umanamente non era proprio portato per affrontare certi impegni. “E pensi che io lo sia, Gian?!” esclamò Antonio quasi risentito. Maddalena fu scossa da quel leggero diverbio e si mise a piangere.
Fine della seconda puntata.
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