FRANCESCO UOMO DI DIO

La semplicità con cui era arrivato, la sera di un lontano marzo, mi aveva colpito: quel che avevo davanti forse era davvero quel papa innovativo che io stesso stavo aspettando. La Chiesa aveva bisogno di una guida che ne trasformasse la dimensione di centro di potere in servizio per gli ultimi. È lui lo ha fatto. Lui ha cambiato la Chiesa, per quel che ha potuto, cominciando dal nome scelto e, per naturale conseguenza, spogliandosi delle ricchezze materiali, ripudiando l’oro cingendosi il collo di una croce più sobria. Dismettendo l’immagine di una Chiesa austera, sdoganando la terminologia comune a scapito dei vecchi dogmi, spronando così la lezione di rinnovamento e riavvicinamento alla gente di cui la cristianità e non solo sentiva il bisogno. E lo ha fatto fino all’ultimo momento della sua vita, preannunciando la sua sofferenza umana, durante la quale, parole sue, ha sperimentato la mancanza di Dio. Tuttavia senza mai tralasciare il pensiero al popolo di Dio. Quello che pregava per lui e quello che pregava perché lui tornasse. A fare il papa e ad occuparsi di coloro verso i quali la Chiesa deve volgere il suo sguardo primario, cosa nella quale lui si adoperava più che in ogni altro impegno. L’altro ieri, Domenica di Pasqua, presente in mezzo alla gente, a infondere in essa stessa la gioia della speranza. Il giorno dopo, Lunedì dell’Angelo, giorno in cui ha scelto di essere lui l’Angelo. Con la stessa empatia verso il mondo che lo aveva contraddistinto quella sera di marzo, dal loggione su piazza San Pietro, ha abbandonato le spoglie mortali, portando con sé l’amore del mondo e per il mondo, non solo quello credente. Quello stesso mondo che ora più che mai ha bisogno di un successore che sia come e meglio di Francesco, perché la Chiesa continui a spogliarsi della coltre di ipocrisia medievale che l’ha invisa a buona parte dell’umanità e diventi davvero serva degli ultimi. Come Papa Francesco ha dimostrato di dover e poter essere, nella semplicità di uomo di Dio. 

(Photo credit: web)

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