“STO SPERIMENTANDO LA CARENZA DI DIO”

Lo ha detto oggi Papa Francesco. Lo ha detto perché è malato. Lo ha detto nel giorno del Giubileo dei Malati, quando tanti sono stati i malati che hanno attraversato con lui la Porta Santa, nella speranza che la misericordia di Dio li toccasse. Lo ha detto perché il Papa è il primo fra gli uomini malati a chiedere aiuto a Dio. E se questo aiuto non arriva, con tanto di veste bianca, simbolo della discendenza di Pietro, il Papa è il primo fra gli uomini a potersela prendere con Dio. Perché, come tutti gli uomini, deboli e vulnerabili, non si sente aiutato, protetto, guarito. E se è il Papa il primo fra i malati a dirlo, allora ogni malato è autorizzato a lamentarsi con Dio per il suo apparente disinteresse. Per poi ricredersi nel momento in cui è il Papa ha pregare Dio per primo per tutti i malati. Nella sua fragilità di cui non è mai stato abbastanza conscio, l’uomo manifesta la sua inadeguatezza nel giudicare Dio come unico responsabile di quella umanità creata a somiglianza propria e quindi, per conseguenza logica, scevra da ogni sofferenza, anzi immortale, vittima tuttavia nel fraintendere la somiglianza col creatore come fisica e non spirituale. Sentendosi superiore nella superbia di giudicare un dio che non è in grado di prendersi cura delle sue creature. Ma al quale, per contro, è concessa l’umiltà di sapersi ricredere, a chi possiede la consapevolezza di essere semplici uomini prima che privilegiati figli dell’onnipotente. Se il Papa sperimenta la carenza di Dio significa che Dio ha reso l’uomo capace di riconoscere i suoi limiti. Che sono quelli necessari all’uomo per capire cosa chiedere e Dio, con la certezza, allora sì, di essere aiutato. 

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