Il protagonismo smodato che sta mettendo in mostra il presidente degli Stati Uniti è solo l’ultima manifestazione di egocentrismo illiberale in ordine di tempo di vari leader politici che già hanno fatto più o meno lo stessa cosa qua e là per il pianeta. Che accada anche negli Stati Uniti in un certo senso legittima un atteggiamento del tutto autoritario, ma anche irriverente nei confronti di chi per nessun motivo se lo merita e che sfocia in un nuovo ed irricevibile stile comunicativo, becero e volgare, quello dell’ormai famoso “kiss my ass”. Sdoganando le figura rispettosa di leader in quella di puerile capobanda di strada, peraltro del tutto anacronistica. E come tale, pericolosa. Si sente dire da più parti che questo tipo di comportamento adottato da capi di stato o di governo può essere letto come l’inizio della fine della democrazia. E ciò di cui io mi compiaccio è di averlo capito prima di tali affermazioni giunte da ben più alti pulpiti di quello della mia analisi del tutto personale. È difficile pensare che tutto quello che sta accadendo si sgonfi come una boutade qualunque, si sciolga come neve al sole, o rientri come ci si risveglia da una sbornia, un mal di testa e via. No, purtroppo non è così. È invece il mondo che cade lentamente ma inesorabilmente dentro un dirupo dove a spingerlo è stata la sua stessa umanità, che ha perso il senso della misura, al punto di non sapere più che cosa desiderare veramente, così che dal suo non-pensiero scaturiscono i voti a favore di personaggi che incarnano il recondito di ognuno di noi. Del quale in realtà ci vergogniamo, mentre non ci vergogniamo di votare sedicenti risolutori di tutti i problemi, che si nascondono dietro le fattezze di politici navigati. Ma che sono solo la rappresentazione di un nulla al quale nessuno è in grado di dare una dimensione, un aspetto, un significato un minimo coerente. Fine della democrazia significa fine della libertà e un’altra cosa che nessuno oggi è in grado di determinare è se davvero questo stato delle cose porterà il mondo a rivivere ciò che è già successo, ma che evidentemente non ha insegnato nulla. E che ci si trovi ad affrontare questi cattivi presagi a pochi giorni da quello che sarà un ottantesimo anniversario fondamentale per la storia del nostro paese e per la nostra stessa libertà, rende tutto ancora più drammaticamente tremebondo. Questo vale per me, che non sono né uno storico, né un economista, né tantomeno un politico, grazie al cielo, ma uno come tanti che ha imparato dalla vita a leggere certi segnali e che non può permettersi di far finta di nulla. Ottant'anni fà ci furono persone che, di spontanea volontà, diedero la vita per garantire a noi quel mondo libero di cui finora abbiamo beneficiato ed anche abusato. Senza evidentemente esserci mai resi conto abbastanza di cosa significasse. Che adesso tutto rischi di essere vanificato in un rigurgito di autoritarismo fuori controllo, non è solo un pericolo per il mondo stesso, ma un gravissimo atto irrispettoso verso quelle persone, alle quali fu chiaro cosa significava perdere la libertà, perché lo vissero sulla propria pelle e quindi fu loro altrettanto chiaro - ed immadiato- cosa era necessario fare per riconquistarla. Il rischio che pochi irresponsabili ricaccino certi sentimenti nel canale fognario della propria coscienza oggi è alto: stiamo attenti a non farci sopraffare dalla loro sfrontata dabbenaggine.
TU CHIAMALE, SE VUOI…. Suggestione e cordoglio. Commozione e trasporto. Sensazioni che si rincorrono. La magia che si ripete. Ho ascoltato la storia del grande Bach che volle imparare l’armonia italiana da Vivaldi. Ho assaporato la passione di Giuseppe -che era Peppiniello e che ora è un professionista- per il cantautorato italiano, capace di coinvolgere anche uno meno avvezzo come me. Allora si consolida la consapevolezza di come l’Italia sia veramente quella culla di culture che va oltre il luogo comune, culture che spaziano nei secoli e nei generi, lasciando che chiunque in giro per il mondo ne assapori a proprio piacimento. In questi ultimi giorni, il nostro centro del mondo è stato il villaggio semi sconosciuto adagiato su una collinetta dauna, dove melodie barocche e pop rock si sono fuse idealmente, alternandosi nei momenti topici della settimana più calda dell’anno. In tutti i sensi. Una ricchezza offerta gratuitamente, ove l’impegno infaticabile ed ammirevole dei pochi ha riem...
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