Ogni tanto mi capita di dedicare un pensiero alla mia città. Solitamente accade quando l’ispirazione mi coglie a spasso per le sue vie -un tempo uno dei miei passatempi preferiti, oggi meno assiduo per vari motivi- scoprendo nuovi aspetti degni di lode, piuttosto che vecchie crepe meritevoli di critiche aspre. Genova o la odi o la ami. Non so se si dice di lei, ma io lo dico perché ne sono convinto. Non c’è una via di mezzo. Il centro storico più vasto d’Europa, bello e affascinante per la sua profonda storicità e la stessa urbanistica del medio evo, può disgustare per il fetore che specie di questa stagione ne caratterizza l’atmosfera. La conformazione della città, stretta tra mare e monti, è tra le uniche al mondo, ma per percorrere quella ventina di chilometri o poco più che dividono Nervi da Voltri ci si può impiegare anche ore, perché la viabilità genovese è peggiore di un percorso di addestramento militare. E che dire del centro dello shopping, dove alcuni commessi si distinguono impersonando perfettamente lo stile della tipica accoglienza ligure. O la desolazione di Largo XII Ottobre, la cui nuova piazzetta pedonale, per quanto raffinata, non riesce a contrastare la mestizia di ciò che furono Rinascente e Moody, oggi due buchi neri abbandonati a non si sa chi, cosa, né quando, le cui vetrine pietosamente coperte dalla carta da pacchi si guardano l’un l’altra tristemente, dai due lati della strada. E che dire poi della logistica del turismo, settore nel quale le nostre amministrazioni vogliono farci credere di investire, perché la portualità mercantile fa quel che può e le industrie sono sparite quasi del tutto, mentre i passeggeri delle autolinee bivaccano sui marciapiedi ed in mezzo alla strada, in attesa dei pullman, quando in città minori, per grandezza e peso culturale, fanno mostra di sé modernissime e funzionali autostazioni, ordinate e pulite da far invidia al Giappone. Ci sarebbe da elencare negatività a lungo, d’altronde siamo genovesi ed il mugugno è gratis. E “gratis” è una parola che ci piace. Ma basta questo per prendercela con chi a Genova è responsabile di tutto ciò, vale a dire tutti e nessuno. Tant’è che le potenzialità di una città da più parti cantata come meravigliosa, restano soffocate da una evidente incapacità di sfruttarle, tarpando le ali ad un volo che, se in grado di spiccare, porterebbe il nome della nostra città a schierarsi tra le più attrattive del mondo. Che non sarebbe solo uno slogan da vendere, ma anche il giudizio di chi, giunto qui a visitare l’acquario, scopre che l’acquario non è che un di più rispetto a quell’inestimabile ed immenso tesoro che di suo questa città rappresenta ed offre. Quindi, a tutti e a quel “nessuno” che le amministrazioni pigre e poco coraggiose rappresentano, dico di smettere di maltrattare questa città, ignorandone la voglia di diventare splendida davvero e di cominciare un po’ alla volta a riconoscerle la gloria che si merita, per storia e tradizione, per cultura propria e cosmopolita, senza se e senza ma. Solo con l’orgoglio di essere Genova, la Superba.
TU CHIAMALE, SE VUOI…. Suggestione e cordoglio. Commozione e trasporto. Sensazioni che si rincorrono. La magia che si ripete. Ho ascoltato la storia del grande Bach che volle imparare l’armonia italiana da Vivaldi. Ho assaporato la passione di Giuseppe -che era Peppiniello e che ora è un professionista- per il cantautorato italiano, capace di coinvolgere anche uno meno avvezzo come me. Allora si consolida la consapevolezza di come l’Italia sia veramente quella culla di culture che va oltre il luogo comune, culture che spaziano nei secoli e nei generi, lasciando che chiunque in giro per il mondo ne assapori a proprio piacimento. In questi ultimi giorni, il nostro centro del mondo è stato il villaggio semi sconosciuto adagiato su una collinetta dauna, dove melodie barocche e pop rock si sono fuse idealmente, alternandosi nei momenti topici della settimana più calda dell’anno. In tutti i sensi. Una ricchezza offerta gratuitamente, ove l’impegno infaticabile ed ammirevole dei pochi ha riem...

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