GENTE IN CUI CI SI IMBATTE
Ada e Maria mi sedevano di fronte sul vagone dell’InterCity per Milano. Loro venivano da Pisa, o così potevo supporre dalla felpa indossata da Ada che recava il logo della locale università. Erano molto diverse tra loro. La prima corpulenta e piuttosto in carne, occhi azzurri e piccoli, nonostante le lenti degli occhiali li ingrandissero un po’. I lunghi capelli lisci color biondo scuro le cadevano sulle spalle, con una frangetta classica che invece adornava la fronte. L’altra aveva fattezze più mediterranee, dava l’idea di origini sarde o sicule. Anche i suoi capelli erano molto lunghi, per quanto più crespi e di colore nero corvino, che si intonava perfettamente con quello degli occhi, vispi e profondi. Colpiva una doppia fila di denti perfetta e immacolata, al pari delle dita delle mani, lunghe e affusolate come di rado se ne osservano. Vigeva tra loro una affinità evidente, scandita dallo scambio sottovoce di confidenze e pettegolezzi, classico delle amiche che hanno sempre mille cose di cui parlare o sparlare. Maria cominciò a lisciarsi i capelli, senza mai interrompere ciò di cui interloquiva con Ada. Era come un’abitudine compulsiva quell’azione, che ora guidava le dita a suddividere in tre l’ampia ciocca che stava martoriando, che a sua volta veniva incrociata su stessa, dando vita ad una treccia della quale Maria evidentemente spesso si adornava. Ma la treccia durò poco, era giusto un passatempo per accompagnare il dialogo così come lo era adesso disfarla. Ciò che dava l’idea che il loro legame andasse oltre una semplice apparente amicizia fu l’attenzione che ora Maria mostrava per i capelli di Ada. Dopo che Ada propose a Maria un altro tipo di trattamento che applicò ai suoi capelli, con Maria che le dava le spalle e che Ada le mostrò attraverso una fotografia col cellulare, Maria storse il naso e riprese il controllo della situazione, forte delle sue migliori capacità, delle quali probabilmente anche Ada era consapevole. E Maria cominciò ad accarezzare i capelli di Ada più dolcemente e con meno foga rispetto a quanto avesse fatto coi suoi. Chissà se l’idea fu estemporanea o se qualcosa di già collaudato si stesse ripetendo, ma era sorprendente ciò che ora Maria stava facendo. La treccia stava assumendo un aspetto dalle due tonalità opposte di capelli, perché Maria stava intrecciando una ciocca dei suoi con una di quelli di Ada. Dopo che il gioco terminò e la treccia fu chiusa all’estremità, i visi delle due ragazza rimasero ancora più ravvicinati di quanto già non fossero. I loro capelli intrecciati ora erano un segnale che valeva più di mille parole. E a suggellare un’idea di unione affettiva più profonda dell’apparenza, adesso erano le loro mani ad intrecciarsi, come e più dei loro capelli, legate da un sentimento che sovrastava nella sua innocente purezza quello di una altrettanto sincera amicizia.

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