Distacco, perdita, morte. Parole che inquietano, accadimenti che stravolgono le esistenze. Chi termina la vita all’improvviso, chi dopo mesi di sofferenza. Chi in età avanzata, chi da giovane ed anche da bambino. Genitori che perdono i figli e non c’è dolore più grande. È sempre una partenza che si vorrebbe non avvenisse mai. Un giorno dell’anno è dedicato alla memoria di tutti coloro che hanno lasciato il mondo. È la ricorrenza del calendario a ricordarcelo, per quanto un giorno non basti, perché ogni giorno chi non c’è più è invece presente nel cuore di chi vuole e di chi ha bisogno che ci sia ancora. A volte sembra che solo in questo giorno ci si ricordi dei cimiteri, delle tombe, dei fiori. Ma nel cuore di chiunque il ricordo di chi ha segnato le esistenze rafforza un’unione forse ancora più forte di quella materiale che era. Col ricordo ci si puoi parlare in ogni momento e soprattutto non solo il 2 novembre. Col ricordo ci si può stringere alla sensazione di aver vicino chi in quel momento può dare ciò di cui si ha bisogno, più di quanto si possa avere da chi ancora c’è, ma che in quel momento non può. Ricordare i morti è un modo per procrastinare la loro esistenza, per quanto doloroso sia stato vederla terminare. Ricordare i morti è l’esigenza che si ha nel cercare un motivo per non mollare mai. Perché chi ci guarda da quell’altra dimensione non sarebbe d’accordo. E siamo davvero convinti di deludere chi con tutte le forze vorrebbe essere ancora qui a dirci in faccia quel che dobbiamo fare ?
(foto di Mina)

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